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Non solo audiofili
The Late Debussy - Etudes & Epigraphes Antiques - Axel Trolese
Recensione completa: Non Solo Audiofili
[...] Axel Trolese affronta con sorprendente sicurezza questi dodici studi, per i quali non è indispensabile solo un alto magistero tecnico ma anche espressivo-stilistico. In quest'abbacinante esordio discografico stabilisce con autorevolezza la sua elevata caratura d'interprete. Siamo indubbiamente al cospetto di un artista che, a dispetto della giovane età, dimostra una straordinaria maturità e l'insofferenza a uniformarsi a certe tipologie pianistiche "trendy" dettate dalle tendenze del momento. Claude Debussy appare come un autore a lui assai congeniale, ne sorregge a meraviglia l'opera di smaterializzazione, dilatazione della sostanza tematica. Con altrettanta efficacia è in grado di evidenziare gli improvvisi soprassalti e le parti di più intensa drammaticità.
È nato un nuovo genio pianistico?
Non saprei, ma ho il forte sospetto che questo sia avvenuto...
Convince la qualità audio di questo CD, molto dinamica e ricca di dettaglio.
OperaClick
Venezia - Ateneo Veneto: Axel Trolese
Recensione completa: OperaClick
[...] Trolese ha presentato, ed eseguito senza soluzione di continuità, le due Polacche opus 26 di Chopin, dimostrando non solo una condizione splendida di virtuosismo strumentale, ma anche il possesso di una tavolozza d’interprete capace di non sovrapporre mai la propria personalità a quella dei diversi Autori.
Non molto noto è il successivo pezzo eseguito da Trolese: la Sesta Sonatina di Busoni, pubblicata nel 1921 come Kammer-Fantasie über Bizets Carmen. [...] Da un lato Trolese s’è dimostrato padrone d’una tranquilla e non esibita sicurezza, insolita in un artista tanto giovane, dall’altro di un’ammirevole sensibilità d’espressione. La fantasia finale, non meno complessa strumentalmente e non aliena da qualche spunto sottilmente ironico, ha richiesto a Trolese una nuova dimostrazione di maestria timbrica. Prima d’eseguirla, il pianista ha poi “raccontato” al pubblico, con notevole chiarezza, la Danse macabre di Saint-Saëns nel suo “ampliamento” lisztiano. Con questo pezzo ha raggiunto, a mio avviso, il culmine tecnico tra i pezzi in programma, trascinando l’attento pubblico a una vera ovazione anche grazie a un’insolita forza “rappresentativa”.
I due fuori programma hanno riandato le giornate del Premio Venezia dello scorso anno: dapprima Trolese ha ripetuto Des Abends, il primo deiPhantasiestücke di Schumann presentati nella serata finale, dimostrando anche con questo amatissimo pezzo una grande maturazione di tocco; poi ha eseguito uno dei più impegnativi “pezzi d’obbligo”, il dodicesimo degli Études di Debussy, quello difficilissimo pour les accords, da sonare décidé, rythmé, sans lourdeur… Non so come l’avesse sonato l’anno scorso, ma suppongo molto bene, visto che approdò poi alla finale; l’esecuzione di lunedì scorso avrebbe fatto onore a qualsiasi pianista, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello cosiddetto “musicale”.
Insomma, mi permetto di raccomandare a tutti: correte ad ascoltare questo ragazzo!
Il Giornale di Vicenza
Un gran talento di tecnica il giovane pianista Trolese
Recensione completa: Il Giornale di Vicenza
Axel Trolese [...] si è esibito con un programma particolare, dedicato al Novecento , salvo un extra di assoluta perfezione dirompente, la Sonata "Appassionata" di Beethoven, di elevata perizia tecnica ma anche di raffinatissimi giochi timbrici chiaroscurali, come in Ravel e Debussy. Pagina di raro ascolto, le "Sei Epigrafi antiche" di Claude Debussy con cui il pianista ha aperto la serata, 13 minuti caratterizzati da accordi sospesi e da atmosfere rarefatte con cui il giovane talento ha subito mostrato le sue doti di fine cesellatore del materiale sonoro. Solida e piena di vigore la sua interpretazione della Sonata beethoveniana e superba la prova della visionaria Sonata n° 9, detta "Messa Nera" di Scriabin. Ogni nota suonata da Trolese è meditata e, nonostante la giovane età egli dimostra già un forte grado di maturità espressiva, sapendo dosare le dinamiche in modo raffinato e controllatissimo.
Sfera Magazine
Giovane pianista di successo: ecco l’apriliano Axel Trolese
Articolo completo: Giovane pianista di successo ecco l'apriliano Axel Trolese
Il pianoforte la sua vita, la musica il suo amore; i suoi maestri i due mentori. Vive a Parigi e ci racconta i momenti di terrore che hanno vissuto i parigini.
La musica è la colonna sonora della nostra vita. La musica diverte, fa sognare, conforta e fa anche piangere; la musica piace ed impariamo ad apprezzarla fin da bambini. La musica è quello che noi vogliamo che sia: vita, amore, rabbia, forza, gioia, allegria…e tutto e niente.
La musica racchiude in sé sensazioni ed emozioni uniche: ci comunica messaggi, ci conforta, ci fa riflettere sulla vita e ci proietta in un mondo irreale dove desideriamo entrare per sottrarci dalle difficoltà della vita reale.
La carriera di Axel Trolese, giovane pianista apriliano, riprende in linea di massima tutti questi concetti poc’anzi elencati. Reduce dal secondo posto al “Premio Venezia 2015” nella prestigiosa location del Teatro La Fenice e vincitore del “Premio Casella 2015”, proiettano Axel verso un futuro promettente e radioso.
Un pianista che è in grado di raccontare attraverso la musica e le sue note sentimenti, con forza, semplicità ed umiltà, avendo come mentori i suoi stimati maestri, Maurizio Baglini e Roberto Prosseda.
Axel Trolese racconta, in un’intervista, il suo amore per la musica: “Aspetti che più amo della musica è il suo tendere verso un punto culminante, raggiunto tramite delle peripezie più o meno linguisticamente articolate a seconda del periodo storico e del compositore. Un altro fattore essenziale è la necessità della ricreazione continua della musica, tramite il lavoro dei musicisti, in quanto essa non è solo un’arte contemplativa, come la letteratura o le arti figurative, le quali presentano opere finite che non hanno la necessità di essere realizzate.”
L’INTERVISTA
1) La musica ha sempre fatto parte di te o della tua famiglia?
“Io non sono un cosiddetto “figlio d’arte”, nel senso che i miei genitori non sono musicisti: mio padre è un generale dell’esercito e mia madre una geologa.”
2) Cosa ami di più della musica?
“Questa è una domanda talmente vasta da non poter rispondere esaustivamente, forse, ma sicuramente una delle cose che più amo della musica è il suo tendere verso un punto culminante, raggiunto tramite delle peripezie più o meno linguisticamente articolate a seconda del periodo storico e del compositore. Un altro fattore essenziale è la necessità della ricreazione continua della musica, tramite il lavoro dei musicisti, in quanto essa non è solo un’arte contemplativa, come la letteratura o le arti figurative, le quali presentano opere finite che non hanno la necessità di essere realizzate. La musica appartiene a tre entità: compositore, interprete e pubblico; la dimensione dell’interprete è un’eccezione nel panorama delle altre forme di arte (così come la figura del ballerino, ad esempio), pertanto essa è ogni volta diversa e irripetibile.”
3) Nella tua vita c’è stato un episodio in particolare che ti ha così tanto colpito da farti avvicinare alla musica?
“A casa ho sempre avuto un pianoforte verticale, un Doina, che mamma utilizzava quando era bambina e strimpellava qualche nota; anche se in seguito aveva smesso di suonare, quando ero piccolo e non avevo ancora monopolizzato lo strumento, ogni tanto, molto raramente, si dilettava con qualche pezzo facile. Una delle mie caratteristiche è sempre stata la curiosità, dunque ero effettivamente molto curioso di capire come si potesse usare quell’ “aggeggio”. Allora, quando avevo 4 anni, i miei mi portarono a lezione da Guido Gavazzi, alla Scuola di musica Amadeus, e da quel momento cominciò tutto.”
4) A chi ti ispiri per proseguire il tuo percorso, ossia qual è il tuo musicista o pianista preferito: insomma il tuo mentore?
“Ogni studente di qualsiasi strumento ha la sua piccola classifica di musicisti preferiti, che studia attentamente grazie ai dischi e a YouTube, e io non faccio eccezione! Per quanto mi riguarda, i miei grandi mentori sono innanzitutto i miei grandissimi maestri Maurizio Baglini e Roberto Prosseda, dai quali ho preso molto e ancora devo imparare tantissimo; in secondo luogo, i pianisti “del passato” che più mi ispirano e che più degli altri analizzo sono soprattutto Arturo Benedetti Michelangeli, Claudio Arrau, Alfred Cortot e per alcune cose Ivo Pogorelich. Non so dire quale sia il mio pianista preferito, perché ho un gusto che cambia quasi ogni giorno!”
6) A volte ti capita di suonare brani inediti?
“No, non sono un compositore e dunque non l’ho mai fatto, forse un giorno comporrò qualcosa ma si tratta di una prospettiva lontana; per ora sono completamente assorbito dal mio lavoro di interprete.”
7) Cosa ti ha spinto a scegliere il pianoforte come strumento musicale? Che emozioni e sensazioni ti trasmette?
“Per quanto mi riguarda, la musica esprime tutte le sensazioni e le emozioni che un essere umano prova, dalle più gradevoli alle più terribili, e suonando, a seconda dei casi, queste sensazioni vengono stimolate e sviluppate. Il pianoforte (che per me, in quanto pianista, è sinonimo stesso di musica) è quindi un contenitore di ciò che esprime la musica e, contemporaneamente, di ciò che sento io; è il mezzo con il quale so meglio esprimermi e captare informazioni dall’ambiente circostante, dalle composizioni del passato, e dal pubblico che ascolta in sala. Si potrebbe dire che io viva in simbiosi con esso.”
8) Qual è il tuo sogno nel cassetto? Hai mai preso in considerazione l’eventuale di suonare un altro strumento musicale oltre al pianoforte?
“Il sogno di ogni essere umano è il raggiungimento di una felicità che non si riveli vana dopo poco tempo; non credo che ve ne sia uno legato esplicitamente alla musica. Ogni tanto mi piacerebbe saper suonare tutta la musica che amo che non è per pianoforte, ma non è un vero e proprio sogno. Un sogno implica il desiderio, che a sua volta implica quantomeno un tentativo e/o un’azione per realizzarlo; non mi sento disposto a ricominciare da zero la mia formazione approcciando un nuovo strumento, anche e soprattutto perché non saprei scegliere quale.”
9) Viaggi molto? Quali sono le location più famose dove hai suonato?
“Il mio mestiere costringe tutti noi a dei viaggi molto frequenti; questa è una cosa molto avvincente e adrenalinica dato che scoprire posti nuovi è sempre interessante. In assoluto, il Teatro La Fenice di Venezia è il palco più prestigioso che abbia mai solcato, ma altrettanto importanti (che però non fanno parte della nostra cultura così tanto a fondo) sono l’Amiata Piano Festival, il Teatro Verdi di Pordenone e il Teatro Ponchielli di Cremona e la Fazioli Concert Hall di Sacile.”
10) Dove ti vedi fra 10 anni?
“Tra 10 anni spero di essere un pianista in carriera che vive in una bella città d’arte italiana, ma non gigantesca come Roma.”
11) Vivi a Parigi, durante gli attentati dove ti trovavi? Hai avuto paura? Che aria si respira a Parigi e quali sono le sensazioni dei parigini?
“Io vivo a Parigi da settembre e per mia fortuna non sono stato coinvolto dagli attentati, anche se non ero molto distante; comunque ci si sente partecipi del dolore e dello sgomento generale di un popolo che si vede attaccato da dei terroristi senza pietà e senza intelletto alcuno, contro i quali, proprio per questo motivo, è difficile relazionarsi dopo un gesto simile, dialogando nei limiti della civiltà. Parigi è ancora scossa ma si sta riprendendo; ora il dibattito politico è molto forte e purtroppo anche aperto a generalizzazioni e all’odio contro un popolo che non si rispecchia in uno Stato di terroristi e assassini. Bisogna comprendere che il razzismo è inutile e in questo momento troppe persone si sentono giustificate a fare di tutta l’erba un fascio, anche in Italia.”
Melania Orazi
OperaClick - Quotidiano di informazione operistica e musicale
Venezia - Teatro "La fenice" - Axel Tròlese
Recensione completa: OperaClick
Il giovanissimo pianista laziale-parigino ha ora presentato un programma che affiancava a tre composizioni del primo ventennio del Novecento uno dei pezzi più celebri e frequentati del repertorio, la Sonata in fa minore pubblicata da Beethoven nel 1807 e nota con il sottotitolo spurio di “Appassionata”.
Tròlese ha anche introdotto brevemente ogni pezzo prima di sonarlo, con chiarezza espositiva e qualche osservazione che ci è parsa originale e interessante.
Le Six épigraphes antiques...richiede una grande sensibilità interpretativa per rendere la diversa atmosfera, cupa o rassegnata a tratti, in cui Debussy immerge le memorie del periodo forse più felice della sua esistenza. Tròlese, a nostro parere, è riuscito perfettamente nell’intento di dare il giusto suono a questa visione del disfacimento d’una persona e d’una civiltà.
L’Appassionata, secondo Tròlese, meglio si chiamerebbe “barbarica” per l’inesausta pulsione ritmica, per la violenza delle immagini armoniche e anche per la “semplificazione” decisiva del linguaggio che Beethoven adotta... ci ha colpito per la severità timbrica e la solidità del fraseggio, e ci ha quasi trascinato alla “barbarie”, appunto, del secondo Allegro. Alla fine eravamo emotivamente del tutto soddisfatti, e ammirati per la sicurezza tecnica di Tròlese...
I ricorrenti trìtoni della Sonata n. 9 di Skrjabin, spesso “aggravati” dall’appartenenza ad accordi di nona minore... ci siamo molto rallegrati per il lirismo e l’educato pathos che Tròlese ha saputo cogliere in una composizione di cui avevamo un ricordo così inquietante.
A coronamento della serata, un altro dei grandi capolavori della letteratura pianistica: l’ampia suite Le tombeau de Couperin, Accanto al virtuosismo strumentale, ci ha colpito la caratterizzazione timbrica e stilistica con la quale Tròlese ha saputo differenziare immediatamente i mondi emotivi e sonori di Ravel e Debussy: diversità che lo stesso interprete ha dichiaratamente ribadito congedandosi, dopo il caloroso applauso del pubblico, con il penultimo dei Douze études.